Imene
La verginità in alcune culture è ancora una necessità sociale.
Talvolta il problema è un imene troppo spesso e fibroso che crea dolore nel rapporto
Ricostruzione dell’imene
Indicazione
imene interrotto
Tecnica chirurgica
imenoplastica
Procedura
20 min , anestesia locale +/- piccola sedazione, day hospital o ambulatoriale
Complicanze
rare (infezioni, ritardi di guarigione)
Dolore post operatorio
scarsissimo
Recupero
Piccole labbra troppo grandi ridotte senza incisioni
Indicazione
Tecnica
riduzione ottica per aumento delle grandi labbra con lipofilling o acido ialuronico
Procedura
Dolore
Recupero
Imenoplastica: La nostra esperienza, quello che pensiamo
Sui giornali si parla spesso di imene, di ripristino della verginità, di italiane che richiedono sempre con maggior frequenza questo tipo di procedura. In 15 anni di intensa attività nel campo genitale mi è capitata una sola paziente italiana, peraltro affetta da importanti disturbi psichici, che mi chiese di ricostruirle l’imene che ovviamente rifiutai. Le pazienti che si rivolgono a me per la ricostruzione imenale sono provenienti quasi sempre dal mondo nordafricano, raramente asiatico, talvolta dall’est Europa (soprattutto comunità ROM). Presso queste popolazioni la verginità è un valore sociale che viene tenuto spesso in gran conto. I matrimoni vengono concordati dalle reciproche famiglie spesso già in tenera età. La vita porta poi a separare le strade fino al fatidico momento in cui viene chiesto (alla sola donna!) di rendere conto della sua illibatezza. Una storia vera: qualche anno fa venne a trovarmi in studio una ragazza marocchina di 27 anni brillantemente laureata in lingua a Torino. La sua famiglia si era trasferita nel cuneese circa 20 anni fa. Il padre faceva l’imbianchino, la madre era casalinga, i fratelli muratori. Ma lei amava studiare ed era brillante e i genitori assecondarono la sua scelta. Prima di partire dal Marocco la famiglia aveva concordato, per lei e per i fratelli, il matrimonio. Nel suo caso il matrimonio era stato posticipato di qualche anno per permetterle di laurearsi. E lei si era laureata a pieni voti, aveva trovato un lavoro in un’agenzia turistica e aveva impostato una vita felice e indipendente. Un giorno i fratelli bussarono alla sua porta e le dissero che era tempo di tornare in Marocco e sposarsi. Il suo compagno l’aspettava impaziente da quasi 20 anni. Aveva costruito una casa a 50 km all’interno da Essaouira, bellissima località sull’Atlantico. Il paesino era di 3000 abitanti, lui faceva il panettiere. Amina non aveva avuto grandi storie nè tantomeno fidanzati per timore che la famiglia insorgesse. Aveva però avuto rapporti e non era più vergine. Quando mi chiese di ricostruirle l’imene e me lo chiese in un modo gentile, educato, affabile, in un italiano perfetto nel rispetto di congiuntivi e condizionali e delle più rigorose formule di cortesia, mi venne naturale chiederle la sua storia perchè stentavo a credere che una donna ai miei occhi emancipata volesse sottoporsi a una procedura che culturalmente facciamo fatica a capire. Amina mi rispose che se non avesse sposato quell’uomo, che peraltro non amava, ma definito un bravo cristo, la famiglia l’avrebbe ripudiata, avrebbe dovuto abbandonare gli affetti di una vita e dimenticarsi dei legami di parentela. Mi disse anche che né i fratelli né il padre avrebbero alzato le mani. Si trattava in sintesi di una scelta libera e tragicamente consapevole: dimenticare la laurea, l’emancipazione e il gianduiotto torinese per trasferirsi in un paesino di campagna con un uomo che aveva incontrato da bambina. E tutto questo per non perdere il legame con la famiglia. “Amina, ma è sicura di fare sta cazzata?”, le chiesi. La risposta fu perentoria: “Il legame familiare viene prima di tutto”. Ho operato Amina che si è sposata, ha vissuto tre anni in Egitto e poi è scappata in Italia.